Perfect Rigor by Masha Gessen

Perfect Rigor by Masha Gessen

autore:Masha Gessen [Gessen, Masha]
La lingua: ara, ita
Format: epub
editore: Carbonio Editore
pubblicato: 2018-08-28T22:00:00+00:00


Capitolo 8

Il problema

“La possibilità stessa della scienza matematica appare come una contraddizione insolubile” scriveva più di un secolo fa Henri Poincaré, considerato dai matematici come l’ultimo universalista perché eccelleva in qualsiasi branca di quella disciplina. Se l’oggetto di studio rimane confinato all’immaginazione, “da dove le proviene il perfetto rigore che nessuno penserebbe mai di porre in dubbio?”. E quando le regole della logica formale hanno rimpiazzato l’esperienza, “come può la matematica non ridursi a un’immensa tautologia?”. Infine, “si ammetterà, dunque, che gli enunciati di tutti i teoremi che riempiono tanti volumi non rappresentino altro che modi indiretti di affermare che A è uguale ad A?”207.

Poincaré spiegava che la matematica era una scienza proprio perché il suo ragionamento va dal particolare all’universale. Un matematico, che conduca i suoi esperimenti mentali con sufficiente rigore, può riuscire a desumere delle regole atte a governare l’immaginario terreno comune che condivide con gli altri studiosi della materia. In altre parole, non soltanto può dimostrare che A è uguale ad A, ma anche spiegare qual è la natura intrinseca di A, dove si trovino altre A e come possano essere costruite. “Noi sappiamo che cosa significa essere innamorati o provare dolore, e non abbiamo bisogno di definizioni precise quando facciamo riferimento a queste cose” ha scritto un professore americano di matematica che, dopo aver firmato diversi saggi accademici, si è ripromesso di spiegare la topologia al grande pubblico. “Gli oggetti della matematica, invece, giacciono al di fuori del campo della nostra comune esperienza. Se non li definiamo con attenzione, non possiamo operare con essi in modo significativo, o parlarne con altre persone”208. Tutto questo potrebbe essere giusto o sbagliato. In realtà, per molti di noi è più che sufficiente avere un’idea approssimativa della distanza (lungo/corto), della pendenza (piano/scosceso) e delle linee, dei cerchi e delle sfere. Ci accontentiamo della vaga sensazione che, praticando un foro in una superficie, si possa in alcuni casi (ma non sempre) cambiare la natura di un oggetto – ad esempio, un palloncino bucato è totalmente diverso da uno integro, mentre un bombolone ripieno di marmellata è per noi sostanzialmente simile a una ciambella senza buco, che sia imbottita o meno di confettura.

Tutte queste cose fanno parte, nella loro forma più semplice, della nostra esperienza quotidiana. Ma nel frammentario mondo in cui vive un matematico, prospettive variabili e coordinate poco precise non fanno che rendere il quadro generale confuso fino al punto di diventare intollerabile. In questo contesto, nessun oggetto è simile a un altro a meno che sia possibile dimostrare la loro conformità; nessuna cosa è nota se non è definita fin nei minimi particolari; e nessun elemento – o quasi – è evidente.

Agli albori della matematica, Euclide provò a partire proprio da quelle cose che erano già evidenti.

I suoi Elementi si aprono con trentacinque definizioni, cinque postulati, anche detti ‘assiomi’, e cinque nozioni comuni. Le definizioni spaziano da quella del punto (“è ciò che non ha parti, ovvero che non ha estensione alcuna”209) a quella delle linee parallele (“sono quelle



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